Silverio è un falegname di quelli veri come forse non ce ne sono più e se osservi le cose che fa resti a bocca aperta. La sua bottega è una nuvola di polvere e a camminarci sembra di stare in mezzo alla neve. Ha visto il libro di Ugo e poi l’ha preso in mano. Col suo forte accento toscano mi ha detto che vuole costruirgli una scatola di legno scuro, con i piedini sottili, e un coperchio grande con le cerniere di ottone che non si arrugginiscono. Devo avere pazienza però perché lui non ha tempo e quella scatola vuole farla con calma. Gli ho chiesto di foderarla di velluto ma lui ha detto “no” il legno grezzo dura di più e non piglia l’umido. Accanto a noi c’è una vecchia libreria. Gli chiedo se il libro di Ugo starebbe bene lì. No se puoi tienilo di piatto, così non si sciupa. E’ troppo peso. Sorrido, mia madre non ha mai capito gli aggettivi accorciati che si usano in Toscana.
“Allora vado”, aggiungo io.
“Tranquilla, appena posso te la faccio, tranquilla”.
Trascorreranno molti mesi. Poi alla fine la scatola arriverà. La troverò a casa una sera tornando dal lavoro appoggiata in cucina sul vecchio tavolo di cucina che peraltro è stato lui a restaurarci. Sopra un biglietto “Spero vada bene. L’ho fatta più grande che potevo.” La apro. La cerniera scricchiola leggermente. E’ perfetta. La casa di Ugo. La piccola accogliente casa di Ugo.
Salgo tenendola in collo. Prendo il libro e ve lo ripongo dentro. La lascio sulla mia scrivania. Dopo qualche attimo un gatto si acciambella sul coperchio. E’ tutto a posto. Posso stare tranquilla. La mamma sarebbe contenta.