MESSAGGERO 3 LUGLIO 1918
IMPORTANTI POSIZIONI ESPUGNATE NELLE REGIONI NORD OCCIDENTALI DEL GRAPPA
Comando supremo 2 luglio 1918
Sull'Altipiano di Asiago, nuovi tentativi di attacco sul Monte di Valbadia, si infransero sotto il nostro fuoco, che inflisse gravi perdite al nemico. Nuclei annidati in elementi sul davanti della linea avanzata, vennero rimandati dai nostri che in un brillante contrattacco, occuparono completamente anche quella posizione catturando 127 prigionieri, alcune mitragliatrici e quattro cannoni da trincea.
A sud di Asiago reparti britannici, eseguirono un felice colpo di mano, riportandone un ufficiale, 42 uomini di truppa ed una mitragliatrice.
Nella regione nord occidentale del Grappa, azioni iniziate stamani all'alba, ci hanno assicurato il possesso di importanti posizioni e la cattura di 569 prigionieri, dei quali 19 ufficiali e di molte mitragliatrici.
Nelle giornate del 29 e 30 giugno, sul monte di Valbetta, sul Col del Rosso, sul Col d'Echele prendemmo 4 cannoni, 15 bombarde, 57 mitragliatrici, parecchie migliaia di fucili, e grande quantità di materiale da guerra
Comandante supremo Armando Diaz
COME SI E' SVOLTA L'AZIONE
Zona di guerra, 2 luglio 1918
Stamani si è combattuto al di là delle nostre linee, fra Col Moschin e l'Asolone. Il fervore della battaglia dilaga: dagli altipiani l'attività combattiva ha attraversato il Brenta e si è portata nella zona montagnosa del Grappa. Azioni locali, attacchi di determinate unità, su settori limitati che tengono desto l'alto spirito delle truppe stroncano il nemico ancora disorientato per lo scacco subito e ci permettono rettifiche di linea di notevole importanza tattica. L'attacco contro il costone montagnoso a nord ovest del Grappa non ha avuto preparazione di artiglieria ed è stato affidato principalmente a due elementi essenziali: la sorpresa e lo slancio dei fanti. Mentre il nemico si sentiva ancora strettamente impegnato sulla destra del Brenta, la battaglia stamani ha divampato improvvisa sulla sponda opposta e ha dato subito i risultati desiderati.
Le fanterie alle 3 del mattino sono balzate dalle nostre trincee investendo direttamente la zona centrale della linea difensiva nemica innanzi al Col Moschin e all'Asolone. Gli austriaci hanno fatto una resistenza accanita.
Gli effettivi della 27ma divisione hanno dapprima contrastato il terreno palmo a palmo ma hanno poi dovuto cedere sotto l'urto formidabile dei nostri fanti. L'artiglieria che era stata silenziosa fino all'inizio della battaglia, aprì subito a protezione delle fanterie di assalto un efficace tiro di controbatteria riuscendo a far tacere i pezzi nemici che davano maggior molestia, cosicché neutralizzati i tiri di sbarramento avversari, fu possibile alle nostre truppe portarsi sugli obiettivi fissati.
Tre ore dopo l'inizio della battaglia, le posizioni che dovevano essere raggiunte, erano già in nostro possesso, le nuove trincee erano già occupate e si poteva già valutare il notevole bottino conquistato.
Alle 6 di stamani gli austriaci lanciarono un primo contrattacco. I nostri attesero l'urto e lo respinsero attaccando a loro volta. La battaglia si riaccese quindi per altre due ore, poi il nemico sopraffatto dovette rinunciare a nuovi tentativi limitandosi a farci tiri di molestia che non hanno però avuto l'efficacia di modificare la situazione creata dal nostro assalto vittorioso. Circa 600 prigionieri, fra i quali 20 ufficiali, parte di truppe che hanno combattuto con fervore e che si batterono ancora con accanimento solo per saldo spirito di disciplina.
I prigionieri imprecano la Germania che li ha spinti alla guerra e che ha loro imposto minacciosamente l'offensiva del 15 giugno.
Mentre ferveva la battaglia un commovente episodio si è svolto sulle prime linee. Sette soldati che indossavano nostre divise sono venute innanzi alle posizioni austriache facendo segni di voler passare di qua. I nostri cedettero che si rinnovasse il vecchio trucco adottato dal nemico di vestire da soldati italiani i suoi fantaccini e attesero con grande circospezione il gruppetto che rapidamente avanzava. Erano veramente prigionieri italiani catturati dagli austriaci che erano riusciti a portarsi sul fronte di battaglia e a fuggire dalle mani dei nemici. Furono fraternamente accolti e accompagnati al più prossimo comando di brigata. Erano affamati e laceri, ma la gioia di essere rientrati in patria, di trovarsi fra i fratelli, su terreno italiano, rianimava l'animo depresso, il corpo stanco. Narrarono come erano riusciti a fuggire facilitati nell'impresa da un crudele e perfido ordine nemico, per il quale la maggior parte dei nostri prigionieri, sono costretti a lavorare in opere di guerra, immediatamente dopo le prime linee sotto il nostro fuoco. L'Austria manca di braccia e non ha ritegno di esporre al fuoco del fratello i prigionieri italiani obbligandoli a fare trincee, a gettare reticolati, a portare munizioni fin presso il campo di battaglia.
Aggiunsero che le popolazioni del Friuli, del Cadore e della Carnia mancano di viveri, ma sopportano con rassegnazione il loro triste destino, nella ferma fiducia e la febbrile ansia della prossima liberazione. Donne, vecchi e bambini disprezzano gli austriaci e con santo orgoglio italiano manifestano apertamente il loro patriottismo di fronte ai gendarmi. Tutti i ragazzi a dispetto del nemico portano in capo piccoli cappelli da alpino e quando passano i soldati austriaci non hanno timore di cantare la canzone del Grappa che è il loro inno di fede e di speranza.
Raffaele Garinei